Battaglia di Fidene (504 a.C.)
La battaglia di Fidene del 504 a.C. si svolse nei primi anni della Repubblica romana, tra l'esercito romano, guidato dai consoli romani Publio Valerio Publicola e Tito Lucrezio Tricipitino, ed una coalizione nemica, formata da Fidenati e Sabini, guidata da Sesto Tarquinio, figlio del deposto re Tarquinio il Superbo. I Romani ebbero la meglio.
Battaglia di Fidene (504 a.C.) | |
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Data | 504 a.C. |
Esito | Vittoria romana[1] |
Schieramenti | |
Comandanti | |
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Antefatto
modificaRoma, dopo varie peripezie, era riuscita a resistere all'assedio portato alla città dagli etruschi di Chiusi guidati da Porsenna, ma i diversi popoli vicini, speravano che ne fosse comunque rimasta indebolita, tanto da poterla attaccare.
Tra questi i Sabini e le città vicine di Fidenae e Cameria, che posero i propri uomini sotto il comando di Sesto Tarquinio. È in questo frangente che Appio Claudio, capostipite della Gens Claudia, decise di abbandonare Fidenae per trasferirsi a Roma.[2]
La battaglia
modificaSesto divise i propri uomini in due forze, ponendola una dentro le mura cittadine, e l'altra poco fuori; Valerio accampò i propri uomini davanti a quelli nemici fuori città, mentre Valerio accampò i propri in posizione intermedia tra le mura cittadine e lo schieramento nemico all'esterno.[3]
Il disegno di Sesto era di sorprendere gli accampamenti romani di notte, facendo uscire dalla città il contingente che vi stanziava, con armi leggere per non fare rumore, e una volta riunite le proprie forze, attaccare i due accampamenti con il favore delle tenebre. Ma il piano non rimase segreto a causa della defezione di un uomo che ne raccontò i dettagli a Valerio che, dopo averne verificato l'autenticità, ne informò il collega console.[3]
Così, quando i Sabini uscirono da Fidenae, trovarono i romani pronti a combatterli e farne scempio. Negli scontri, che presto si tramutarono in una rotta precipitosa, perirono 13.000tra Sabini ed alleati, e 4.200 uomini furono fatti prigionieri.[4]
Fidenae fu assediata e presa solo qualche giorno dopo. I Romani, dopo aver giustiziato i capi della rivolta, vi lasciarono una guarnigione. Per questa vittoria i due consoli ebbero il trionfo a Roma.[1]
Note
modifica- ^ a b Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, V, 43.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, V, 40.
- ^ a b Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, V, 41.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, V, 42.
Bibliografia
modificaFonti primarie
modifica- Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, V, 40-43.