Chiesa dei Santi Simone e Giuda (Roma)
La chiesa dei Santi Simone e Giuda è una chiesa sconsacrata di Roma, nel rione Ponte, in cima a una scalinata appartenente alla via di San Simone, la quale è un vicolo laterale di via dei Coronari.
Santi Simone e Giuda | |
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Esterno con la scalinata di accesso | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Località | Roma |
Coordinate | 41°54′01.08″N 12°28′09.84″E |
Religione | cattolica |
Titolare | Simone apostolo e Giuda Taddeo apostolo |
Diocesi | Roma |
Inizio costruzione | XII secolo |
Storia
modificaEssa risale al XII secolo; fu consacrata da papa Pasquale II (1099-1118), e di nuovo da Innocenzo II nel 1143 (iscrizione tuttora esistente nella chiesa). Inizialmente era dedicata a Santa Maria in Monticellis (Sanctae Mariae in Monticellis Arenulae), (o de monticello) in riferimento al monte Giordano ivi esistente[1] e dove ebbe il suo palazzo Giordano Orsini, che fu creato cardinale da suo fratello Niccolò III; più tardi fu conosciuto come S. Maria de Monte Johannis Ronzonis, da Giovanni di Roncione, signore di Riano verso la metà del XII secolo e primo proprietario conosciuto di Monte Giordano.[2] Solo dalla metà del Cinquecento essa ebbe come titolari i santi Apostoli Simone e Giuda, anche se il loro nome era stato aggiunto a quello della vergine già da un secolo.[1]
Lo Hülsen riporta questa informazione a proposito della chiesa:
Dal XVI secolo sino alla sua sconsacrazione la chiesa divenne giuspatronato della famiglia Orsini.[1]
L'edificio fu restaurato nel 1720 da papa Clemente XI, sconsacrato nel 1902 e messo all'asta dal principe Filippo Orsini.[1] Diviso, fu adibito in parte ad abitazione, in parte a cinema (l'"Alcazar"),[1] poi a ristorante e infine a teatro.
Architettura e decorazione
modificaLa chiesa è preceduta da una scalinata d'ingresso. L'interno, a tre navate, conserva, oltre a parti di affreschi del Trecento e del Quattrocento, un affresco della Madonna con bambino e santi di scuola umbro romana,[1] attribuibile ad allievi di Antoniazzo Romano.[1] La chiesa originalmente ospitava diverse sepolture, le cui lapidi dopo la sconsacrazione furono trasferite nel portico di San Silvestro in Capite.[1]
Note
modificaBibliografia
modifica- Carlo Pietrangeli, Guide rionali di Roma, Ponte (II), Roma, Fratelli Palombi Editori, 1981, ISSN 0395-2710 .
- Mariano Armellini, M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891, p. 362
- Christian Hülsen, Le chiese di Roma nel Medio Evo, Firenze 1927, pp. 349-350
- Roma nell'anno MDCCCXXXVIII descritta da Antonio Nibby, Parte prima Moderna, Roma 1839, p. 719, su books.google.it.
- C. Rendina, Le chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, p. 345
Voci correlate
modificaAltri progetti
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