Ismāʿīl, detto Muntasir ("Il vittorioso") (... – gennaio 1005[1]), fu un nobile discendente dalla dinastia dei Samanidi che tentò di restaurare il loro impero in Transoxiana e nella Persia orientale tra il 1000 e il 1005. Era il figlio di Nuh II, ultimo signore dell'impero samanide prima che si sgretolasse.

Ismāʿīl Muntasir
Illustrazione che mostra Ismāʿīl Muntasir impegnato in battaglia
emiro dei Samanidi
In carica10001004
PredecessoreMansur II (997-999)
Abd al-Malik II (999)
Successoretitolo abrogato (conquista karakhanide della Transoxiana
MorteMerv, gennaio 1005
DinastiaSamanidi
PadreNuh II
Religionesunnismo

Biografia

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Ismāʿīl al-Muntaṣir visse a cavallo tra il X e l'XI secolo, in una fase di profonda disgregazione del potere samanide a causa dell'espansione di altre crescenti potenze dell'Asia centrale, come i Ghaznavidi e i Karakhanidi. Figlio di Nuh II, un sovrano samanide che regnò brevemente, dopo il crollo dell'impero samanide nel 999, la famiglia reale estromessa perse gran parte del suo territorio e potere.

Fu in questo contesto che Ismāʿīl al-Muntaṣir ("Muntaṣir" sta per "vincitore, trionfatore") si auto-proclamò erede legittimo e cercò di restaurare il potere samanide. Raccolse attorno a sé vari gruppi di sostenitori, tra cui le tribù locali e i musulmani fedeli ai Samanidi, così come alcune élite locali che rigettavano il dominio straniero. Combatté ripetutamente contro i Karakhanidi e i Ghaznavidi, che si contendevano il controllo della Transoxiana e del Khorasan, ma al netto delle varie incursioni e battaglie compiute, Ismāʿīl non riuscì mai a consolidare un dominio stabile o a riprendere il trono. Il suo coraggio e la sua determinazione non bastarono infatti a restaurare lo Stato samanide ed egli fu infine assassinato nel 1005, probabilmente per mano di nemici politici o di un traditore all'interno del suo seguito. La sua morte segnò la fine del sogno samanide di riprendersi il potere e segnò anche il declino definitivo di questa dinastia nella storia islamica.[2]

Rilevanza storica

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Ismāʿīl al-Muntaṣir è ricordato come un simbolo di resistenza e determinazione in un periodo di crisi. La sua figura viene talvolta idealizzata come una guida che cercò di preservare l'identità e l'eredità culturale persiano-islamica contro le influenze straniere. Benché l'impero samanide non tornò mai più ad esistere, quella parentesi storica rimase particolarmente ben apprezzata dagli studiosi della Persia medievale, i quali elogiarono quell'epoca per il suo contributo nello sviluppo della cultura persiana e islamica.[2]

  1. ^ Minhaj-i Siraj Juzjani, Tabaqat-i Nasiri, Lahore Sangmil Publications, 2004, p. 107.
  2. ^ a b (EN) Richard N. Frye, The Sāmānids, in Cambridge History of Iran, vol. 4. From the Arab Invasion to the Saljuqs, Cambridge, Cambridge University Press, pp. 158-161, ISBN 0-521-20093-8.
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