Lingua protosarda
La lingua protosarda (o paleosarda o nuragica; raramente sardiana) è la lingua o l'insieme delle lingue parlate dagli antichi Sardi durante il periodo nuragico, prima che la conquista romana della Sardegna diffondesse il latino nell'isola.[1]
Lingua/e protosarda/e † | |
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Parlato in | Sardegna |
Periodo | II millennio a.C.- IV secolo d.C. |
Parlanti | |
Classifica | estinta |
Tassonomia | |
Filogenesi | Lingua isolata Lingua protosarda |
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L'assenza di attestazioni certe e il problema della ricostruzione
modificaNon essendo mai stato identificato con certezza alcun reperto mostrante iscrizioni riconducibili a una qualche lingua nuragica, la maggior parte degli studiosi tende a sostenere che gli antichi popoli nuragici non facessero uso della scrittura[2]. Il fatto che l'antica lingua (o la famiglia linguistica) protosarda dell'età nuragica sia stata soppiantata da millenni dal latino ha reso ancora più difficile la ricostruzione dell'antico idioma. In mancanza di dati certi, vari studiosi e ricercatori hanno formulato negli anni, sulla base dei relitti di tale lingua, una serie di ipotesi esposte di seguito.
Ipotesi preindoeuropee
modificaPartono dal presupposto che i nuragici fossero prevalentemente un'evoluzione di un'originaria popolazione autoctona stanziata sull'isola almeno dal neolitico.
Benvenuto Terracini, nella sua opera Osservazioni sugli strati più antichi della toponomastica sarda, del 1927, illustrò la sua teoria secondo la quale la Sardegna antica fosse suddivisa in due aree linguistiche, una meridionale afro-iberica e una settentrionale reto-ligure. Suffissi di tipo afro-iberico (riscontrabili sia fra le lingue berbere che fra quelle basco-iberiche) sarebbero i suffissi -itan, -'ir, -'il, -àr, -'ar e -'in. Voci quali pala, bruncu, mara legherebbero invece la Sardegna alle terre dell'Italia settentrionale e della Gallia.
Uno dei più importanti studiosi della lingua sarda, il linguista tedesco Max Leopold Wagner (1880-1962), concluse, sulla base di studi incentrati soprattutto sui toponimi e sui fitonomi sardi pre-latini, che il protosardo doveva essere una lingua mediterranea preindoeuropea, affine alle lingue iberiche e berbere e altre di matrice incerta[3]; lo stesso Wagner individuò al tempo stesso alcuni elementi di correlazione con le lingue paleobalcaniche.
Lo svizzero Johannes Hubschmid (1916-1995), il più noto studioso degli elementi di sostrato, si espresse per sei stratificazioni[4]; la sua analisi è stata ripresa nel saggio introduttivo di Giulio Paulis.
Massimo Pallottino (1909-1995), rifacendosi a diversi autori quali Bertoldi, Terracini e lo stesso Wagner, mise in evidenza le seguenti similitudini fra il sardo, il basco e l'iberico:
A ciò si aggiunge un fatto che, per il numero delle concordanze, non può assolutamente considerarsi casuale e appare di altissimo interesse: l'esistenza, cioè, di specifiche analogie tra elementi del patrimonio lessicale della lingua basca e singoli relitti lessicali o voci toponomastiche sarde:
Esempi:
- sardo: aurri (carpino nero); basco: aurri (nome di albero)
- sardo: bitti (agnellino); basco: bitin (capretta);
- sardo: golosti (agrifoglio); basco: gorosti (agrifoglio)
- sardo: sgiàgaru (cane); basco: zakur (cane);
- sardo: mògoro (altura); basco: mokor (zolla, tronco);
- sardo: òspile (piccolo chiuso); basco: ospel (luogo ombroso)
- sardo: orri, orrui; basco: orri (ginepro)
- sardo: usai, useis; basco: usi (bosco);
Le corrispondenze si estendono anche a elementi formativi : per esempio -aga, che in basco si impiega per toponimi con significato collettivo (harriaga petraia da harri pietra) e che può spiegare il tipo sardo nuraghe rispetto a nurra (anche il toponimo iberico Tarracone al sardo maragoni).»
Pallottino fa inoltre notare che il termine mògoro si ritrova con lo stesso significato anche nell'area balcanico-danubiana e costituisce un relitto pre-indoeuropeo di tale area[5]:
- sardo: mògoro «altura»
- albanese: magulë «mucchio»
- romeno: măgură (dial. măgulă) «collina, poggio»
Emidio De Felice evidenziò alcune caratteristiche simili tra il paleosardo e il ligure antico[6], lingua di classificazione incerta, pre-indoeuropea o indoeuropea.
A parere dell'archeologo Giovanni Lilliu (1914-2012), gli idiomi di tipo "basco-caucasico", delle genti Bonnanaro, andarono a sostituire i linguaggi precedenti, di tipo pan-mediterraneo[7].
residui di una forma di linguaggio successiva a quella panmediterranea delle genti di Ozieri.»
Il linguista tedesco Heinz Jürgen Wolf, dall'analisi della ricorrenza di determinati suffissi e in virtù di una particolare struttura sillabica, era giunto alla conclusione che la lingua paleosarda doveva essere di tipo non-indouropeo e di origine sconosciuta[4].
Secondo il linguista catalano Eduardo Blasco Ferrer (1956-2017), i primi Sardi sarebbero giunti in epoca paleolitica e neolitica dall'area iberica e sarebbero stati successivamente raggiunti, nel tardo calcolitico, da deboli influssi indoeuropei pervenuti attraverso l'area ligure[9], che lasciarono alcune tracce nel protosardo (es: la radice *ausa ~ ōsa e il lessema debel(is)[10]). Blasco Ferrer conclude che:
La tesi di Blasco Ferrer è stata contestata dal linguista e glottologo Michele Loporcaro[12]. Per Giulio Paulis "il basco non è di grande aiuto nell’interpretazione del ricchissimo patrimonio toponomastico di origine paleosarda"[12].
Ipotesi indoeuropee
modificaSi basano sul presupposto che la civiltà e la lingua nuragica fosse prevalentemente frutto dell'evoluzione della cultura di una popolazione alloctona pervenuta in Sardegna dall'area indoeuropea.
Ipotesi sardo-etrusca
modificaIl linguista Massimo Pittau sostiene che la lingua protosarda o sardiana e quella etrusca fossero strettamente legate, essendo entrambe emanazioni del ramo anatolico dell'indoeuropeo. Secondo l'autore i "nuragici" erano una popolazione lidica che importò sull'isola la propria lingua di tipo indoeuropeo la quale si andò a sovrapporre su una lingua preesistente di tipo pre-indoeuropeo parlata dalle popolazioni pre-nuragiche[13]; le concordanze rilevate dal Pittau investono in realtà un quadro più ampio della stessa area lidica, dato che si estendono, in modo non dirimente, più spesso a tutta l'area egeo-anatolica. Tuttavia, le tesi di Pittau sul sostrato paleosardo, spiegato con il ricorso all'etrusco, non hanno mai trovato favore nella comunità scientifica.[14][15][16][17]
Appellattivi nuragici/sardiani di matrice indoeuropea secondo Pittau sarebbero per esempio[18]:
élimu/a, èlamu, èlema/e, éluma, èlma, èramu, (Lodè, Posada) sèlema «àlimo» (Atriplex halimus L.), relitto sardiano o nuragico, da confrontare – non derivare - con il greco hálimos (indoeur.).
meulla, méurra, meúrra, miúrra, maúrra «merlo» (camp.), relitto sardiano o nuragico (-ll- conservato e suff.), da connettere con mérula «merlo» (vedi) [che invece deriva dal seg. vocabolo latino] e da confrontare – non derivare – con il lat. merula che probabilmente è di origine indoeur. (DELL, DELI).
népide, nébide, nébida, nébidi «nebbia» (Barbagia e Sardegna merid.); relitto sardiano o nuragico, da confrontare – non derivare - con il greco néphos «nebbia» (indeur.) (LISPR).
saurra «umidità della notte, brina, rugiada» (log.), toponimi Saurrecci (Guspini), Zaurrái (Isili), Aurracci (Ussassai), Urracci (Guspini) (suffissi e accento); relitto sardiano o nuragico, probabilmente da confrontare – non derivare - con una metatasi, con i lat. ros, roris, lituano rasà, ant. slavo rosa, vedico rasá «rugiada» e con il sanscrito rásah «umidità» (DELL) e quindi indoeur. (corrige DILS, LISPR).»
Alcuni ricercatori associano l'elemento etrusco, o meglio un'influenza "retico-etruscoide", al suffisso -èna, che contraddistingue diversi toponimi presenti nell'Italia centrale (Toscana, Umbria, Tuscia e Marsica) e nel Veneto, attraversando Emilia e Romagna. L'uso di questo suffisso è documentato, almeno dal Medioevo, anche nella parte meridionale della Corsica e lungo la costa orientale della Sardegna (Gallura, Barbagia, Ogliastra), come nel caso di Arzachèna, Lugulèna e altri simili[19].
Altre ipotesi
modificaSecondo Guido Borghi, ricercatore di glottologia e linguistica all'università di Genova, nel protosardo sono ravvisabili appellativi indoeuropei, come nel caso del toponimo *Thìscali, che potrebbe derivare dal protoindoeuropeo *Dʱĭhₓ-s-kə̥̥̆ₐ-lĭhₐ con il significato di "la piccola (montagna) nell'insieme dei territori che sono in bella vista"[20].
Convivenza di più lingue in età nuragica
modificaA giudizio dell'archeologo Giovanni Ugas, nell'isola non sarebbe stata presente una lingua unitaria ma almeno tre lingue corrispondenti al numero delle principali etnie nuragiche, vale a dire[21]:
A detta di Ugas le divisioni etnico-linguistiche nuragiche sarebbero in qualche modo alla base delle odierne differenziazioni linguistiche dell'isola nei ceppi sardo logudorese e campidanese, oltre che gallurese[22]. Lo studio in questione tuttavia apporta pochi elementi di tipo linguistico su cui basare tale divisione originaria. In generale, lo scenario proposto da Ugas non si discosta più di tanto da quello descritto dal Terracini; la differenza di rilievo fra le due teorie è rappresentata dall'aggiunta da parte di Ugas di una terza area linguistica "balarica", forse indoeuropea, nella Sardegna nord-occidentale.
Ugas, sulla base di alcuni segni scoperti su resti di ceramiche, pietre e metallo, ha proposto che le popolazioni nuragiche o parte di esse adottarono a partire dalla prima età del ferro un alfabeto simile a quello utilizzato in Beozia detto rosso occidentale[23][24][25].
Note
modifica- ^ Il sardo lingua romanza, su SardegnaCultura.it. URL consultato il 2 novembre 2017.
- ^ Zucca, R. (2012). Storiografia del problema della ‘scrittura nuragica’. Bollettino Di Studi Sardi, 5, 5-78. https://doi.org/10.13125/bss-4805
- ^ Eduardo Blasco Ferrer (2010), p. 51.
- ^ a b Heinz Jürgen Wolf, p. 20.
- ^ La Sardegna nuragica, Massimo Pallotino - a cura di Giovanni Lilliu, Ilisso edizioni, 1950, pag 96.
- ^ Mary Carmen Iribarren Argaiz, Los vocablos en-rr-de la lengua sarda: Conexiones con la península ibérica, su dialnet.unirioja.es. URL consultato il 2 dicembre 2022.
- ^ Giovanni Lilliu, La civiltà nuragica 1982, p.25
- ^ Giovanni Lilliu, Civiltà nuragica: origine e sviluppo, 1983, su persee.fr. URL consultato il 2 dicembre 2022.
- ^ Eduardo Blasco Ferrer (2010), p. 152.
- ^ Eduardo Blasco Ferrer (2010), p. 165.
- ^ Il libro dello studioso catalano sulle radici linguistiche del neolitico isolano Paleosardo, ecco quali sono le sue origini, su unica.it. URL consultato il 27 febbraio 2017.[collegamento interrotto]
- ^ a b Sulla Sardegna preromana, su academia.edu. URL consultato il 2 febbraio 2023.
- ^ Massimo Pittau (2018), pp. 5-6.
- ^ Eduardo Blasco Ferrer, Paleosardo: sostrati e toponomastica, in E. Blasco Ferrer, P. Koch, D. Marzo, Manuale di linguistica sarda, Berlin-Boston, de Gruyter, 2017, pp. 67-84, a p. 72.
- ^ Helmut Rix, Etruscan, in The Cambridge Encyclopedia of the World’s Ancient Languages, ed by R.D. Woodard, 943–966. Cambridge: Cambridge University Press.
- ^ Enrico Benelli, Etrusco. Lingua, scrittura, epigrafia . Aelaw Booklet. Zaragoza: Prensas de la Universidad de Zaragoza, 2020
- ^ Valentina Belfiore, Etrusco, Palaeohispanica 20: 199-262, 2020.
- ^ Massimo Pittau, Appellativi nuragici di matrice indoeuropea, su pittau.it, 24 marzo 2017.
- ^ Mauro Maxia, Toponimi ricorrenti nel Mediterraneo occidentale, 2008, p.221-227
- ^ Brenda Man Qing Ong, Francesco Perono Cacciafoco, p. 14.
- ^ Giovanni Ugas, p. 241.
- ^ Giovanni Ugas, p. 253.
- ^ Giovanni Ugas, I segni numerali e di scrittura in Sardegna tra l'età del Bronzo e il Primo Ferro, in Tharros Felix, vol. 5, 2013, pp. 297-381.
- ^ Nuraghi, Shardana, scrittura e altre questioni - Giovanni Ugas, su gianfrancopintore.blogspot.it. URL consultato il 1º dicembre 2022.
- ^ Scrittura nuragica, Ugas: "Oltre 60 reperti con segni alfabetici e numerici", su notizie.tiscali.it. URL consultato il 1º dicembre 2015.
Bibliografia
modifica- Giovanni Spano, Vocabolario sardo geografico patronimico ed etimologico, Cagliari, 1873
- Max Leopold Wagner, (DE) Historische Lautlehre des Sardischen (Fonetica storica del sardo), 1941
- Max Leopold Wagner, La lingua sarda. Storia, spirito e forma, Berna, 1950; (ora a cura di G. Paulis, Nuoro, 1997)
- Johannes Hubschmid, Sardische Studien, Berna (1953)
- Max Leopold Wagner, D.E.S. - Dizionario etimologico sardo, DES, Heidelberg, 1960-64
- Giulio Paulis, I nomi di luogo in Sardegna, Sassari (1987)
- Heinz Jürgen Wolf, Studi barbaricini: miscellanea di saggi di linguistica sarda, Cagliari, 1992.
- Heinz Jürgen Wolf, Studia ex hilaritate : mélanges de linguistique et d'onomastique sardes et romanes offerts à Monsieur Heinz Jürgen Wolf, 1996
- Heinz Jürgen Wolf, Toponomastica barbaricina: i nomi di luogo dei comuni di Fonni, Gagoi, Lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgòsolo, Ovodda, Editore Insula, Nuoro, 1998 ISBN 8886111096
- Helmut Rix, Rätisch und Etruskisch, Innsbruck 1998
- Dieter H. Steinbauer, Neues Handbuch des Etruskischen, St. Katharinen 1999
- Massimo Pittau, La lingua sardiana o dei Protosardi, Cagliari (2000)
- Giovanni Ugas, L'alba dei Nuraghi, Cagliari (2005)
- Eduardo Blasco Ferrer, Storia della lingua sarda. Dal paleolitico alla musica rap, Cagliari (2009)
- Eduardo Blasco Ferrer, Paleosardo. Le radici linguistiche della Sardegna neolitica, Berlin/New York (2010)
- Giulio Paulis, Il paleosardo: retrospettive e prospettive, in «Aion. Annali del Dipartimento di Studi del Mondo Classico e del Mediterraneo Antico — Sezione linguistica» 30, n. 4, 2010, pp. 11–61.
- Massimo Pittau, Lingua nuragica indoeuropea, (2018)
- Brenda Man Qing Ong, Francesco Perono Cacciafoco, Unveiling the Enigmatic Origins of Sardinian Toponyms, «Languages», 7, 2, 131: 1-19, Paper, DOI: https://doi.org/10.3390/languages7020131. (2021-2022)