Pisidio Romolo
Flavio Pisidio Romolo (in latino Flavius Pisidius Romulus; fl. 385-406) è stato un politico romano, attivo tra l'Impero romano d'Occidente e quello d'Oriente tra la fine del IV e l'inizio del V secolo.
È attestato come consularis della provincia dell'Aemilia et Liguria nel 385;[1] tra questa data e il 392 fu proconsole o vicarius; nel 392 ricoprì l'incarico di comes sacrarum largitionum a Costantinopoli;[2] infine, probabilmente nel 406, ricoprì la carica di praefectus urbi di Roma.[3]
Intorno al 404/406 eresse una statua nel Foro romano, nei pressi dell'Arco di Settimio Severo; la statua era dell'imperatore Onorio, allora regnante sulla parte occidentale dell'Impero, ma l'iscrizione[4] onorava Onorio, suo fratello e regnante in Oriente Arcadio, il loro defunto padre Teodosio I, oltre al potente generale Stilicone. L'occasione per l'erezione della statua era una vittoria sui Goti (probabilmente quelli comandati da Radagaiso); quando Stilicone cadde in disgrazia e fu ucciso (408), la damnatio memoriae da cui fu colpito causò la cancellazione del suo nome dalla base della statua.[5]
«Fidei virtutiq(ue) devotissimorum / militum dom(i)norum nostrorum / Arcadi, Honori et Theodosi, / perennium Augustorum, / post confectum Gothicum / bellum, felicitate aeterni / principis dom(i)ni nostri Honori, / consiliis et fortitudine / inlustris viri, comitis et / [[[magistri utriusq(ue) militiae]]] / [[[Fl(avi) Stilichonis, bis co(n)s(ulis) ord(inarii)]]], / s(enatus) p(opulus)q(ue) R(omanus), / curante Pisidio Romulo, v(iro) c(larissimo), / praef(ecto) urbi, vice sacra / iterum iudicante.»
«Alla lealtà e al valore dei devotissimi soldati dei Nostri Signori Arcadio, Onorio e Teodosio, Augusti eterni, dopo che la guerra contro i Goti fu terminata per la buona sorte del nostro eterno principe Nostro Signore Onorio, e per i consigli e il coraggio del comes e [[[magister utriusque militiae, Flavio Stilicone, di rango illustre, due volte console.]]] Il Senato e il Popolo di Roma [eressero], sotto la supervisione di Pisidio Romolo, di rango clarissimo, praefectus urbi, giudice rappresentante dell'imperatore per la seconda volta.»
All'interno della collezione di poesia nota in epoca contemporanea come Epigrammata Bobiensia, è conservato un componimento (il numero 70), composto da Anicio Probino (console nel 395), che costituisce una canzonatura di un certo Romolo indirizzata a un certo Basso; è stato proposto che Basso sia da identificare con Anicio Auchenio Basso (console del 408 e parente di Probino) e Romolo sia Pisidio Romolo.[6]
In un periodo in cui a Milano, capitale dell'Impero d'Occidente, c'era molta tensione, Romolo si ritirò nella sua villa di campagna a studiare i testi cristiani, e chiese al vescovo Ambrogio di Milano alcuni chiarimenti su passaggi dell'Antico Testamento; si sono conservate due lettere di Ambrogio indirizzate a Romolo (la 44 e la 48 dell'epistolario ambrosiano) in cui il vescovo milanese risponde alle domande di Romolo, in particolare spiegandogli che Mosè aveva agito correttamente mettendo a morte 3000 ebrei che avevano adorato il vitello d'oro di Aronne.[7]
Note
modifica- ^ Codice teodosiano, II 4.4.
- ^ In tale carica ricevette due leggi conservatesi nel Codice teodosiano: X 19.12 (equivalente alla Codice giustinianeo XI.7.5) del 13 febbraio 392, riguardante i debiti dei minatori delle miniere d'oro con la sacrae largitiones; IX.45.1 del 18 ottobre dello stesso anno, che negava l'asilo nelle chiese ai debitori col fisco.
- ^ PLRE.
- ^ CIL VI, 31987.
- ^ Last Statues in Antiquity.
- ^ Alan Cameron, The Last Pagans of Rome, Oxford University Press, 2010, p. 374.
- ^ Ambrogio, De Officiis: Introduction, text, and translation, The Rosen Publishing Group, 2001, p. 62; Henry Chadwick, The Church in Ancient Society: From Galilee to Gregory the Great, OUP Oxford, 2001, p. 366.