Rivera (famiglia)
I Rivera sono un'importante famiglia dell'Aquila, ascritta alla nobiltà romana nel 1562[1].
Rivera | |
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Troncato e semipartito: nel 1º d'oro ai tre monti di verde, nel 2º di verde a tre bande ondate d'argento, nel 3º d'oro a tre sbarre di rosso. | |
Stato | Regno di Sicilia Regno di Napoli Stato Pontificio Regno delle Due Sicilie Regno d'Italia Italia |
Casata di derivazione | Conti dei Marsi |
Titoli | |
Fondatore | Pietro "Rivera" Collimento[1] |
Data di fondazione | XIII secolo[1] |
Etnia | Italiana |
Storia
modificaLa casata dei Rivera si ritiene originata in Abruzzo dalla famiglia Collimento, a sua volta discendente dai Conti dei Marsi[1]. Il capostipite è ritenuto essere Pietro Collimento, detto "Rivera", discendente dal conte di Collimento Odorisio[1].
La famiglia si stabilì all'Aquila sin dalla sua fondazione e, a partire dal XVI secolo, a differenza degli altri casati locali, acquisì un notevole potere politico ed economico soprattutto grazie all'acquisizione di immobili ed alle cospicue rendite che ne derivavano[2]. L'ascesa dei Rivera segnò proprio il passaggio di potere tra il ceto mercantile, che aveva governato la città nell'epoca rinascimentale, ed il rampante ceto nobiliare; detto passaggio si definì nel 1545 con l'elezione a camerlengo dell'Aquila di Giovancarlo Rivera[3].
Nel 1562 la famiglia venne ascritta alla nobiltà romana e nel 1566 al Sovrano Militare Ordine di Malta per mezzo dei condottieri Baldassare Rivera e Scipione Rivera, dei quali il primo, col grado di sergente maggiore, prese parte alla difesa di Malta contro i turchi, mentre il secondo combatté sulle galee dell'Ordine, ma fu fatto prigioniero e trucidato in Algeri nel 1570[4].
Negli anni seguenti la famiglia Rivera espresse altri camerlenghi – Ludovico Rivera nel 1573 e Cesare Rivera nel 1597 – e sul finire del XVII secolo venne inglobata nella Deputazione dei Sedici per il quarto di San Giovanni mediante la figura di Gaspare Rivera[5]. Nel 1633 Antonia Rivera sposò il barone di Ocre Andrea Bonanni[senza fonte]. In questo periodo il casato fu attivo – insieme agli Alfieri, agli Antonelli, ai Quinzi, ai Pica e ai Porcinari – per richiedere maggiore autonomia ed indipendenza alla città rispetto al governo centrale di Napoli, richieste che portarono, nel momento di maggiore tensione, all'arresto di Girolamo Rivera[6]. In seguito al terremoto dell'Aquila del 1703, Giuseppe Rivera è nominato commissario per l'emergenza[7]. Il casato acquisì prestigio anche nella sfera romana allorché Domenico Rivera fu creato cardinale nel 1733 da papa Clemente XII; nello stesso anno Francesco Rivera fu nominato vescovo, diventando in seguito arcivescovo[senza fonte].
Nel 1740 un'esponente della famiglia, Vittoria Rivera, sposò Giuseppantonio Vespa, membro di un'agiata famiglia di Pacentro con forti interessi nell'economia armentaria[senza fonte].
Sul finire del Settecento i Rivera furono investiti nella titolarità del feudo di Vittorito nella persona di Francesco, nipote di Vittoria[senza fonte]. Il fratello di Francesco, Lelio, ricoprì l'ufficio di sovrintendente delle regie poste e fu insignito del titolo di marchese da papa Pio VII nel 1815[senza fonte]. Entrambi i fratelli ebbero un ruolo di primo piano nei moti antigiacobini di matrice sanfedista che scossero l'Abruzzo sul finire dell'XVIII secolo[senza fonte].
Un altro esponente di rilievo della famiglia fu Cesare, sottintendente dell'Abruzzo Ulteriore Secondo, che sposò Camilla Corvi[senza fonte]. Il figlio primogenito della coppia, Francesco Rivera (1844-1904), sposò a Roma il 29 giugno 1873 la marchesa Margherita Del Bufalo (1850-1933)[8] e, per l'occasione, papa Pio IX conferì alla famiglia il titolo di duca romano, cui si aggiunse quello di duca nel 1919, entrambi confermati con regio decreto nel 1927[senza fonte]. La famiglia godette inoltre del titolo di barone di Vittorito con regie lettere patenti del 1897[senza fonte].
Tra gli ultimi esponenti della casata ricordiamo Giuseppe Rivera (1846-1923), fratello minore del suddetto Francesco, tra i promotori della fondazione della Deputazione abruzzese di storia patria (1888) e suo presidente dal 1896 fino alla morte; tra i figli di Francesco troviamo invece lo storico Cesare Rivera (1874-1945); Luigi Rivera, anch'egli letterato e storico, presidente della Deputazione abruzzese di storia patria dal 1946 al 1958; e infine l'accademico Vincenzo Rivera (1890-1967), considerato il fondatore dell'Università degli Studi dell'Aquila e del giardino botanico alpino di Campo Imperatore, a lui intitolato[9].
Nel corso della sua storia, la famiglia Rivera ha posseduto i feudi di Aleudi, Borbona, Carceri Civitatomassa, Fontecchio, Pomarioli, Posta, Scappoli, Scoppito, Tione e Vittorito[10].
Note
modifica- ^ a b c d e Candida Gonzaga (1875), p. 179.
- ^ Clementi e Piroddi (1986), p. 68; Mantini (2008), p. 68.
- ^ Mantini (2008), p. 90.
- ^ Candida Gonzaga (1875), p. 179 e 182.
- ^ Mantini (2008), p. 95.
- ^ Mantini (2008), p. 182 e 187.
- ^ Mantini (2008), p. 286.
- ^ Colapietra (1990), p. 21.
- ^ Colapietra (1990), pp. 30-31, nota n. 15; Treccani.it.
- ^ Candida Gonzaga (1875), pp. 179-180.
Bibliografia
modifica- Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, vol. 3, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1875, ISBN non esistente.
- Alessandro Clementi e Elio Piroddi, L'Aquila, Bari, Laterza, 1986, ISBN 88-420-2799-5.
- Raffaele Colapietra, Olio di fegato di merluzzo e vecchi merletti: vita quotidiana di aristocratici di provincia tra Otto e Novecento, in Lares, vol. 56, n. 1, Firenze, Leo S. Olschki, gennaio-marzo 1990, ISSN 0023-8503 .
- Silvia Mantini, L'Aquila spagnola, Roma, Aracne, 2008, ISBN 978-88-548-1882-8.
- Vincenzo Rivera, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Voci correlate
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