Utente:Andrea Viani (MCRE)/Sandbox/2
Museo di storia della Psichiatria
=La struttura=
Il padiglione Lombroso, uno degli edifici simbolo del complesso manicomiale del San Lazzaro – che dal 2 marzo 1945 al 6 dicembre 1948 ha ospitato anche il pittore Antonio Ligabue – è stato trasformato in Museo della psichiatria e aperto al pubblico il 30 settembre 2012. Per quasi un secolo luogo di dolore e costrizione, il museo permette ora di evocare la particolare atmosfera che lo ha caratterizzato. Sono stati rispettati i suoi spazi originali, i materiali, i cromatismi e le tracce del degrado che ne hanno segnato l’esistenza.
In mostra gli strumenti scientifici, di contenzione e di terapia quali camicie di forza, macchine per l’elettroshock, caschi del silenzio per isolare i pazienti, l’urna per la goccia d’acqua, tragiche testimonianze del come i pazienti venissero considerati “malati pericolosi per la comunità”.
Le operazioni di restauro, supervisionate dalla Soprintendenza ai Beni architettonici e ambientali, hanno riservato particolare attenzione alla conservazione dei graffiti eseguiti dai pazienti anche all’interno delle celle, realizzati nei modi più diversi, addirittura con le suole delle scarpe, nel probabile tentativo di evadere dal loro mondo di isolamento.
Quando è stato progettato (nel luglio del 1891 dall’ingegnere Angelo Spallanzani ed edificato un anno dopo) il padiglione Lombroso è stato chiamato “Casino Galloni”, in onore del primo direttore del San Lazzaro. Serviva per i malati cronici tranquilli.
Tuttavia, fin dall’inizio, il “Casino Galloni” era circondato da mura, probabilmente perché nelle vicinanze sorgeva il “Villino Livi”, riservato a pensionati ricchi.
Con l’introduzione della legge del 1904, che rendeva obbligatoria l’istituzione presso i manicomi di una speciale sezione d’isolamento per “pazzi criminali dimessi” e “detenuti alienati”, nel 1910 il “Casino Galloni” viene trasformato nella “Sezione Lombroso”, così chiamata in omaggio a Cesare Lombroso, famoso studioso di antropologia criminale.
L’edificio arriverà a ospitare una settantina di reclusi e, a partire dal 1923, accoglierà anche i malati condannati a pene di breve durata.
Solo nel 1972 e dopo aver ospitato anche malati diversi dai criminali, l’edificio viene definitivamente abbandonato e ne viene abbattuto il muro di cinta.
=Collezioni=
La collezione comprende:
*oggetti di contenzione in uso nel XIX secolo;
*strumenti utilizzati per la terapia e la riabilitazione, anche per problemi fisici, come apparecchi per idroterapia o diatermia;
*strumenti dei laboratori scientifici
*strumenti per terapia elettroconvulsivante
*oggetti d'uso quotidiano
*creazioni artistiche dei ricoverati, compresi graffiti sui muri dell'edificio
*installazioni multimediali
La collezione del Museo ha una storia antica: venne istituita dal direttore Carlo Livi nel 1875, per mostrare i progressi, le scoperte e le applicazioni che formavano un titolo di vanto per la scienza psichiatrica e la sua istituzione e venne ampliata dai direttori successivi, che conservarono parte degli oggetti di cura non più in uso.
Dopo la mostra Il cerchio del contagio (1980, presso il padiglione Lombroso) gli oggetti sono stati conservati presso la Biblioteca scientifica Carlo Livi, prima di essere esposti qui.
Il piano terra ospita una selezione con i più significativi tra gli oggetti di contenzione, degli strumenti dei laboratori scientifici e dei macchinari utilizzati a fini terapeutici, fino agli apparecchi per l’elettroschock. Sono in allestimento ulteriori celle dedicate al superamento dell’ospedale psichiatrico, alla promozione della salute mentale e alla lotta allo stigma.
Il piano superiore ospita invece un “deposito aperto”, in cui sono raccolti gli altri oggetti provenienti dal patrimonio storico dell’ex San Lazzaro.
Una prima stanza ospita l’imponente produzione di terrecotte e sculture realizzate dai ricoverati tra la fine degli anni ’60 e la prima metà dei ’70 del ‘900, oltre a una selezione dei circa 8000 disegni realizzati da fine ‘800 alla chiusura del San Lazzaro: la prima scuola di disegno fu aperta al San Lazzaro da Tamburini, dedicata soprattutto ai malati di condizione agiata, che non venivano impiegati nelle attività lavorative manuali, mentre nel anni ‘60 del ‘900 venne aperto un moderno atelier di pittura e scultura.
Nella seconda stanza in due mobili, realizzati nel XIX secolo per la farmacia del San Lazzaro, sono esposti gli strumenti utilizzati nei laboratori scientifici dell’istituto, istituiti nel 1874 da Carlo Livi e dedicati a Lazzaro Spallanzani nel centenario della morte, nel 1899. Erano presenti i laboratori di istologia, di batteriologia, di chimica, di microfotografia (oltre al Gabinetto fotografico, destinato a ritrarre le fisionomie e gli atteggiamenti dei malati) e di psicologia, istituito – tra i primi in Italia – da Gabriele Buccola nel 1880.
Accanto a questi, esposti su una pedana in legno e sulle rastrelliere che ricordano come era l’esposizione presso la biblioteca Livi, si possono vedere altri strumenti scientifici e di terapia, gli oggetti della vita comune e del lavoro e altri strumenti di contenzione.