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Storia di Novate Milanese
Stemma di Novate Milanese
Stemma di Novate Milanese
Generalità
Nel Medioevo
Nell'età moderna
Nell'età contemporanea
Stemma di Novate Milanese
V  · D  · M

La storia di Novate Milanese nel Medioevo rappresenta l'insieme degli avvenimenti storici riferibili a Novate Milanese che hanno avuto luogo nel periodo convenzionalmente compreso tra la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476)[N 1] e il primo viaggio di Cristoforo Colombo (1492).

Età romana e longobarda

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Di Novate Milanese non si ebbe alcuna risultanza storica attestata durante l'età romana e longobarda:[1] è accertato però che nelle vicinanze di Novate, benché non direttamente sul suo territorio, passava la strada romana Mediolanum-Bilitio, che metteva in comunicazione Milano, originandosi da Corso Sempione, con Bellinzona.[N 2][2]

Nel mentre che di Novate non si hanno notizie certe, a Milano si assistette sotto i bizantini (533-568) ad una ricrescita della città, che tuttavia non tornerà ad assumere il prestigio che aveva nel periodo romano; ai bizantini susseguirono i longobardi (568-774) e fu allora che iniziò ad assumere una notevole rilevanza nel contesto del governo civico la figura dell'arcivescovo, tanto che sul finire del IX secolo, l'arcidiocesi iniziò ad infeudare le pievi del milanese a famiglie di spicco, che divennero così feudatarie dell'arcivescovo, prendendo il nome di "capitanei".[3] Infatti, se nella città di Milano, per influenza degli imperatori romani, si diffuse rapidamente il cristianesimo, lo stesso non avvenne nella campagne, dove i culti pagani perdurarono più a lungo.[4]

È inoltre certo che già a fine IX secolo Novate era parte della pieve di Bollate,[5][6][7] sorte queste in Lombardia verso la metà del V secolo, esse andavano a costituire le prime circoscrizioni territoriali a base religiosa, tendenzialmente coincidenti ai preesistenti distretti territoriali, celtici o romani, di natura politica o amministrativa.[8]

IX e X secolo

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Il primo documento relativo alla storia di Novate Milanese: l'atto notarile dell'877[9]

La prima traccia documentata dell'esistenza di Novate Milanese risale all'877, quando comparse su documento il toponimo "Novate":[N 3] una pergamena, conservata in originale a Milano, presso l'archivio capitolare della Basilica di Sant'Ambrogio, redatta a Trenno il 17 marzo di quell'anno.[1]

L'atto fu redatto da un certo notaio Dominator e il suo contenuto riguarda il lascito testamentario del giudice Averolfo, probabilmente milanese, a favore dei religiosi della basilica milanese di Sant'Ambrogio. A intervenire nell'atto furono proprio due sacerdoti della basilica, tali Leone e Gisefredo, che in rappresentanza dei propri colleghi vennero immessi nel possesso giuridico dei beni legati dal giudice: tra questi, oltre ad alcuni possedimenti a Trenno, anche una piccola abitazione di campagna con annesso vigneto, sita a Novate.[1][10]

Tale atto notarile riveste una notevole importanza storica, giacché permette di rilevare, da un lato come il toponimo "Novate" fosse già al tempo perfettamente consolidato e dall'altro che, al tempo, a Novate esistevano fondi agricoli di proprietà dei residenti della città, Milano: Novate, infatti, era propriamente un piccolo villaggio rurale immerso nella campagna attorno a Milano.[N 4][10][12]

Il contenuto dell'atto era il seguente:[10]

(LA)

«In Christi nomine. Breve vestiture firmitatis et securitatis pro futuris temporibus ad memoriam retinendam, qualiter ambolaverunt Leo et Gisefredus presbiteris officialis basilice beati Christi confessoris Ambrosii, in qua eius sanctum corpus humadum requiescit, qui est fundata prope civitate Mediolani, id est in vico et fundo Triennium; et cum ibi ambulaverunt, sic accesserunt super casis et rebus illis, qui fuerunt iura et proprietatem quondam Averolfi iudici, et casis et rebus ipsis eorum presbiteris et ad eorum consortes ex ordinacionem eiusdem quondam Averolfi advenerunt, una cum casella una et una viniola in fundo Novate.

Cartulam ipsam ordinacionis, per quam eorum presbiteris casis et rebus ipsis in suprascripto vico et fundo Triennium, una cum ipsa casella et viniola in eodem vico Novate, ibi ostenserunt et relegere fecerunt; qui cum relecta fuit, sic ipsis Leo presbiter et suprascripto Gisefrit item presbiter introierunt inibi in ipsis casis et rebus in eodem vico et fundo Triennium, et pro columna ex ipsis casis, seo pro mota de eadem terra vestituram exinde, seo et de ipsa casella et viniola in eodem vico et fundo Novate de omnia et in omnibus, de quicquid et quantuncunque iusta ipsam ordinacionem eiusdem quondam Averolfi legibus introire aut comprehindere potuerunt, vestituram ut supra ad suorum parte et ad suorum consortes conprehinserunt abendum et tenendum.

Hactum est illuc loci Triennium ad ipsis casis et rebus, anno imperii domni Caroli imperatoris secundo, septimadecima die mense marcio, indictione decima. [...][N 5] Dominator notarius interfui, et hunc breve scripsi.»

(IT)

«Nel nome di Cristo. Per tenere memoria per i tempi futuri della garanzia e certezza dell'atto di assegnazione, di come vi si recarono Leone e Gisefredo, sacerdoti e ufficiali della basilica del beato confessore di Cristo Ambrogio, nella quale riposa seppellito il suo santo corpo, fondata vicino alla città di Milano, cioè nel borgo e nelle terre di Trenno; e allorché si recarono lì, ebbero accesso a quelle case e a quei beni che furono un tempo diritto e proprietà del giudice Averolfo, alle case e ai beni stessi dei sacerdoti e giunsero presso i loro compagni, secondo la disposizione dello stesso Averolfo, insieme con una sola piccola casa e una vigna nel fondo di Novate.

Lì mostrarono e fecero leggere la carta della disposizione, per la quale ai sacerdoti erano state assegnate quelle case e quelle cose nel suddetto borgo e fondo di Trenno, insieme alla piccola casa e alla vigna nello stesso borgo di Novate; infine dopo averla letta, i sacerdoti Leone e Gisefredo entrarono in quelle case e in quei beni nello stesso borgo e fondo di Trenno, e toccando una colonna di quelle case e una zolla di quella terra, ne presero possesso, così come della piccola casa e della vigna nello stesso borgo e fondo di Novate, per tutto e in ogni cosa, per quanto e in quanto potevano legittimamente entrare e acquisire secondo la disposizione dello stesso Averolfo, prendendo possesso come sopra, per sé e per i loro compagni.

Ciò è stato fatto presso le case e i beni, nel secondo anno del regno del signore imperatore Carlo, il diciassettesimo giorno del mese di marzo, indizione decima. [...][N 5] Io notaio Dominator ho presenziato e scritto questo breve atto.»

Una seconda occorrenza del toponimo "Novate", utile alla conferma del suo status, può essere rinvenuta in un documento datato giugno 912, redatto da un notaio milanese di nome Adelberto.[12][13] La carta riguardava il passaggio di proprietà di alcuni beni tra Ingelberto, chierico della parrocchia di San Pietro in Caminadella e Idelberga, badessa del monastero del Gisone: tra i beni ceduti alla badessa figurano alcune proprietà agricole site "in vico et fundo Novate" e specialmente trattavasi di orti, viti, campi coltivabili, prati e boschi di castagni.[14] Queste indicazioni confermano come nel X secolo Novate fosse un centro abitato caratterizzato da una natura prettamente agricola.[14]

La Pieve di Bollate, alla quale Novate Milanese apparteneva probabilmente già dal X secolo,[16] era parte del più ampio contado della Martesana, a sua volta uno dei sei contadi nei quali era ripartita la campagna attorno a Milano, e precisamente Martesana, Bazana, Seprio, Burgaria, Stazzona e Lecco.[17] Il contado della Martesana si collocava nella vasta regione a nord-est di Milano, che può essere geograficamente compresa tra i due rami del lago di Como, estendendosi a sud di tale lago, fino al limite nord di Milano.[15] La sua vasta estensione portò ad una ripartizione del contado in due aree, così come risulta dal catalogo delle case degli Umiliati (1298):[16] la Martesana di mezzo (Martesana de Medio) e la Martesana abduana (Martesana de ripa Abduae infra).[15] Della prima erano parte le Pievi di Asso, Incino, Cantù, Mariano, Alliate, Seveso, Desio e Bollate; della seconda erano invece parti le pievi di Garlate, Brivio, Vimercate, Trezzo, Gorgonzola, Cornegliano, Settala e Segrate.[15] Le pievi di Bruzzano e Missaglia erano invece parzialmente in un territorio e parzialmente nell'altro.[15]

Il contado della Martesana, la cui prima risultanza storica risale al 931,[16] ebbe la particolarità di avere raggiunto l'autonomia da Milano in tempi più tardi rispetto agli altri contadi del milanese: tant'è che nel 1131, quando tutti gli altri contadi avevano un proprio conte, la Martesana rimaneva assoggettata al conte di Milano.[15]

Al 940 risalgono ulteriori conferma dello status delle terre novatesi e si ha inoltre notizia di come alcune di queste terre fossero rese oggetto di contratto di livello, forma simile alla moderna enfiteusi,[18] con la quale il proprietario di un fondo ne concedeva l'usufrutto al livellario, per un periodo di tempo che poteva anche raggiungere la perpetuità.[19] Nella specie, a Novate si legge che un fondo di proprietà del monastero del Gisone fu concesso a titolo di livello ventennale a tali Medelberto e Romano, rispettivamente dei borghi di Cesano e Novate, a fronte di un corrispettivo annuale corrisposto in natura al ricorrere delle festività di San Lorenzo e San Martino.[19] Una ventina di anni più tardi, un documento datato 24 settembre 963 ‒ nel registrare la permuta di alcune terre con Walperto, di Carrobbio ‒ attesta l'esistenza a Novate di una località denominata "Besana".[18][20]

XI secolo

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Attorno al 1035, l'arcivescovo milanese Ariberto da Intimiano iniziò ad attuare una politica molto dura nei confronti della classe popolare, a danno specialmente dei valvassori che cominciarono a tramare contro l'arcivescovo e la grande nobiltà feudale.[21] L'arcivescovo, dopo aver in un primo tempo tentato una risoluzione pacifica, non esitò a sedare la rivolta con la forza armata: i valvassori, sconfitti, dovettero allontanarsi da Milano e trovarono asilo nei comuni circostanti la città.[21]

Lì, cominciarono a riorganizzarsi per affrontare nuovamente l'arcivescovo milanese e al tempo stesso ne approfittarono per fare unire a loro anche gli abitanti dei contadi prossimi a Milano; questi ultimi infatti, specie con riguardo ai contadi della Martesana e del Seprio, già da alcuni anni avevano manifestato volontà secessioniste rispetto al conte di Milano, tanto che tali due contadi avevano de facto assunto la forma repubblicana e si erano autonomamente dotati di consoli, incaricati di rivestire alcune funzioni amministrative e giurisdizionali.[22] Così, alcuni abitanti della Martesana e del Seprio colsero l'occasione di affiancarsi ai valvassori milanesi per affrontare il governo arcivescovile: le fazioni arrivarono allo scontro nella primavera del 1036 nei pressi di Lodi, conclusosi con la battaglia di Campomalo.[22]

 
L'atto del 1042 con la menzione alla chiesa di San Protaso[23]

Nell'aprile 1042 venne rogata a Novate una compravendita di notevole interesse per la storia locale, non tanto per i beni oggetto della stessa, quanto piuttosto per il fatto che risulta essere il più antico documento che conferma l'esistenza in quel luogo di una chiesa dedicata a san Protaso,[N 6] compatrono della città.[32][33] Il terreno oggetto della vendita era posto in una zona detta "Vialba", quest'ultima situata in località "Braida" e risultava confinante per un tratto con le proprietà della basilica milanese di Sant'Ambrogio e per un altro con le proprietà della chiesa novatese di San Protaso.[32] Se quindi l'esistenza della chiesa è certa sin dal XI secolo, occorrerà attendere il 1573 per avere una sua prima descrizione accurata.[33]

Nel maggio di quello stesso anno la vicina Milano fu scossa da moti rivoluzionari parecchio intensi: il popolo, addestrato militarmente per la difesa, si rivolta contro la classe nobiliare e l'arcivescovo, riuscendo a estrometterli dalla città.[34] All'assedio milanese prestarono contributo, come già accaduto nel 1036, anche gli abitanti del contado della Martesana, sempre desiderosi di ottenere una propria indipendenza politica da Milano: l'assedio si concluse dopo tre anni con una soluzione pattizia negoziata con Lanzone, capitano del popolo milanese.[34]

Alla seconda metà del XI secolo risalgono ulteriori notizie sulle terre di Novate: molte di risultavano di proprietà del già citato monastero del Gisone, che sovente le concedeva a titolo di livello o di precario ai massari locali.[35][36] Fra tali concessioni, ne emerge una risalente al 1088 che peraltro dà conto dei nomi di alcuni massari novatesi: con l'atto, rogato a Milano il 29 febbraio di quell'anno, la badessa del monastero concedette il godimento decennale di alcune terre di Novate ai massari di nome tali Adamo, Giovanni (detto Spada), Ambrogio (detto Gaiardo), Alberto e fratelli, Pietro (detto Sclano), Giovanni (detto Gaido), altri due Giovanni, Adamo de Trenno, Obizo e Amizo Machinerio;[35] questi ultimi si obbligavano a pagare un corrispettivo annuo al monastero, in tre cadenze annuali, fissate una a Pasqua e le due restanti alle festività di san Lorenzo e san Martino.[36]

Due ulteriori compravendite intervenute alla fine del secolo attestano l'esistenza di due località a Novate chiamate rispettivamente "Rovorxelli" e "Cerniviga": il primo atto fu rogato a Milano nel 1089 e riguardava la vendita di un campo di 32 tavole, confinante a est con le proprietà di san Protaso; il secondo fu invece rogato a Novate nel 1096, con oggetto la vendita di un terreno da 1 pertica e 21 tavole, per il corrispettivo di 43 denari d'argento.[36][37]

XII secolo

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Federico Barbarossa in un ritratto ottocentesco.

Nei primi anni del XII secolo, Novate venne coinvolta nella guerra decennale combattuta tra il comune di Milano e quello di Como: il contado della Martesana si schierò a sostegno di Como, incassando tuttavia una dura sconfitta nell'agosto 1127.[38]

Irrotto nella scena locale Federico Barbarossa, nel 1158 questi assediò Milano, portando ad un cambio di tendenza nel campo delle alleanze militari dei contadi del Seprio e della Martesana, che fino a quel momento si erano sempre schierati contro Milano.[38] In tale occasione, invece, gli abitanti dei due contadi si schierarono accanto ai milanesi, nel tentativo di respingere l'azione militare dell'imperatore.[38] La difesa di Milano e dei suoi alleati si rivelò tuttavia infruttuosa, ed anzi Novate e gli altri paesi della Martesana dovettero subire devastazioni, saccheggi e incendi delle strutture e dei campi, ad opera delle milizie del Barbarossa.[38]

La pace tra l'imperatore e Milano venne siglata il 7 settembre 1158, quando Barbarossa, giunto a Monza, finì anzi per concludere un accordo di amicizia e alleanza proprio con i contadi del Seprio e della Martesana ‒ gli stessi che fino a pochi mesi prima stavano combattendo al supporto di Milano ‒ dietro l'esborso di una ingente somma di denaro e favore dei due contadi e ponendo al governo di questi il conte Gozwin von Heinsberg.[38]

Poco meno di due anni più tardi, il 29 luglio 1160, le truppe milanesi di Porta Nuova, Porta Comasina e Porta Vercellina mossero un'offensiva militare verso i territori della Martesana, provocando la conseguente reazione dell'alleato imperiale:[39] le truppe martesane, benché supportate da Barbarossa, incassarono una nuova sconfitta, con l'imperatore costretto a rifugiarsi a Como.[40] L'anno successivo lo stesso Barbarossa assediò nuovamente Milano fino a quando il 1º marzo 1662 i consoli milanesi dovettero abbandonare la città, spostandosi a Lodi, dichiarando la sottomissione di Milano all'imperatore Barbarossa.[40]

In quello stesso 1160, il nome di Novate comparse nuovamente in documento a matrice privatistica: in una vendita di alcuni campi situati a Moirano a favore della canonica milanese di San Ambrogio, uno dei testimoni che sottoscrissero l'atto fu un certo Giovanni, figlio di Giovanni Obizone de Novate.[41] L'8 maggio 1174 si registrò invece una vendita di alcune terre novatesi possedute dal giudice Arnolfo Boccardi e dal fratello Baltramolo a favore del monastero di Santa Margherita, che si è rivelato essere il succitato monastero del Gisone.[41]

Verso il finire del secolo, un provvedimento giurisdizionale ha permesso di riscostruire ulteriori caratteristiche dello status di Novate a quei tempi: la controversia riguardava alcuni rustici delle terre Novatesi, ricevute in livello o in precario, che si rifiutarono di corrispondere ai proprietari le decime in natura pattuite.[42] A convenire i rustici dinnanzi al console di Milano fu Salvatico dei Salvatici, che ottenne ragione da parte del console: questi condannò i contadini novatesi a pagare due denari per ciascun manzo o vitello posseduto da ognuno di essi, oltre a consentire ai proprietari di prelevare dai campi le decime loro spettanti.[42] Nel provvedimento si fa inoltre menzione delle colture alle quali erano destinati i campi di Novate, e specialmente si citano lupini, frumento, segale, noci, castagne, oltre alla produzione vinicola.[42] Ulteriore particolarità di quest'atto può essere colta nell'espressione con il quale il console di Milano apostrofò i contadini novatesi: essi erano detti "de cantono de vigano", il che potrebbe significare la possibile esistenza a Novate di una antica località detta "Vigano" oppure, più fondatamente, l'espressione si riferiva al fatto che viganum poteva significare "frazione di comune" e che dunque i contadini citati in giudizio provenissero da una piccola frazione nei pressi di Novate.[43]

XIII secolo

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A Milano, il 2 dicembre 1234 venne redatto un atto notarile che riveste, pur indirettamente, una rilevanza per la storia novatese:[44] tra i quattro testimoni che confermano l'avvenuta vendita di alcune terre site a Consonno vi è un novatese, un certo Pietro, figlio del fu Mirano, de Novate.[45] Dettaglio non indifferente sul piano storico è stabilire se "de Novate" stesse semplicemente ad indicare la provenienza geografica, oppure se fosse un cognome.[45] La teoria del cognome è apparsa più fondata, incontrando inoltre supporto dal fatto che lo stesso notaio rogante indicò sé stesso nell'atto come «Suzo, figlio di messer Pietro de Paullo», esplicitando però che questi abitasse nel borgo di Porta Romana, a Milano e non a Paullo, derivando da ciò il fatto che Pietro de Novate fosse assai verosimilmente un membro della famiglia de Novate.[45] Al tempo stesso, gli esempi delle famiglie de Paullo e de Novate appaiono utili per evidenziare come l'origine di molti cognomi lombardi, secondo la teoria elaborata da Goffredo di Crollalanza, andrebbe fatta derivare proprio dai territori dove originariamente tali famiglie erano sorte;[46][45] questi stessi cognomi, quando la località terminava con le lettere "o" oppure "e" avrebbero peraltro assunto, con il passare del tempo, un plurale collettivo (ad esempio, da Cusano è derivato il cognome Cusani, da Turate i Turati, da Novate i Novati).[47]

Da due corposi atti notarili datati rispettivamente 22 luglio 1235 e 12 ottobre 1253 si è risaliti al nome di alcune ripartizioni del territorio novatese: tra queste appaiono le località denominate Castegniollo, Cassalle, Spine, Dossum, Roversello, Mastalia, Baracia, Cuniolo, Batudam.[48]

Nei primi anni della seconda metà del Duecento si originarono nella città di Milano accesi scontri tra la popolazione e la nobiltà, che videro un supporto militare anche di trecento martesani, con l'effetto che nuovi contrasti tra nobiltà e plebe si produssero anche nei territori del contado.[49] Le parti si riappacificarono raggiugendo una situazione di compromesso nel 1257, formalizzata il 4 aprile dell'anno seguente con la Pace di Sant'Ambrogio.[49][50]

 
Effige di Raimondo della Torre, figura centrale nell'emigrazione friulana dei lombardi. Sul rovescio della moneta, una torre ripresa dallo stemma dei Della Torre

Negli anni Settanta del secolo si verificò un particolare fenomeno emigrativo di cittadini lombardi alle volte del Friuli, a quel tempo un territorio per lo più boscoso costellato da ville rurali e castelli;[51] tale fenomeno trasse probabilmente origine dal trasferimento, nel 1273, del vescovo Raimondo della Torre dalla diocesi di Como al patriarcato di Aquileia.[52] Fu così che alcuni lombardi legati sul piano ecclesiastico o civile al vescovo scelsero di seguirlo nel trasferimento, emigrando verso le terre friulane: tra questi, si ha notizia di alcuni novatesi, tra cui tali Pietro da Novate e Baldassarre de Novate, verosimilmente affiliati ai Della Torre in virtù di qualche particolare rapporto personale o economico.[52]

 
Effige postuma di Ottone Visconti, arcivescovo e signore di Milano

Nel 1277, con la battaglia di Desio, Ottone Visconti mise fine alla signoria torriana e, divenuto signore di Milano, il 20 aprile di quell'anno emise un decreto con il quale limitò l'accesso alla carica arcivescovile ai soli componenti delle famiglie nobili, rigettando quella pratica sviluppatasi sotto i Della Torre, quando tale carica rimase aperta anche ai non nobili.[53] A tal proposito, Ottone fece effettuare un censimento della famiglie nobili nella città e nelle campagne milanese: tra questi è risultata la famiglia Medicis de Novate,[53] la cui provenienza da Novate Milanese è tuttavia discussa.[53] Secondo la ricostruzione storiche di Raffaele Fagnani, vi sarebbe identità tra la famiglia Medicis de Novate e la famiglia de Novate, che risulta dai numerosi atti notarili relativi a Novate Milanese; questa tesi si fonda sull'esistenza di un manoscritto dove tali famiglie furono accorpate sotto il nome comune di "Novatorum Familiam", elencandone gli appartenenti senza distinzioni.[54][55] Ad una conclusione simile giunse anche lo storico Francesco Guasco, secondo il quale la famiglia Medicis de Novate avrebbe coinciso non esattamente con la famiglia de Novate, ma con una più generica famiglia Novati.[54][56]

 
Localizzazione di Novate Milanese e delle omonime località lombarde

In senso inverso è invece la ricostruzione di Lorenzo Caratti di Valfrei, secondo cui non vi sarebbe affatto correlazione tra Novate Milanese e la famiglia Medicis de Novate che figura nel censimento ottoniano.[54] Quest'ultima conclusione si fonda sul fatto che la denominazione Medicis de Novate non rappresenterebbe in sè una famiglia distinta, quanto piuttosto indicherebbe la provenienza territoriale di una famiglia Medicis (cognome peraltro assai diffuso nella Lombardia di quel tempo), tant'è che nel censimento era presenti ben sei famiglie contrassegnate dal nome Medicis, tra cui Medicis Portae Ticinensis, evidentemente proveniente da Porta Ticinese; una seconda considerazione che avvalora la tesi del Caratti è rappresentata dalla ricerca araldica che questi effettuò sugli stemmi delle famiglie denominate de Novate e presenti sugli stemmari Trivulziano, Archinto e Carpani, che apparendo profondamente differenti tra loro hanno portato ad escludere ogni forma di comunanza tra i de Novate e i Medicis de Novate.[57] Ulteriore conferma in questo senso è giunta da alcuni atti relativi ai Medicis de Novate: nel 14 marzo 1567 si registrò una compravendita in cui un certo Gabriele Ferrante Medicis de Novate acquistò un terzo del feudo di Monguzzo, mentre il 10 novembre di quell'anno Ferrante Medicis de Novate acquisì il feudo di Covo, collocati rispettivamente nel comasco e nella bergamasca, senza alcun legame con Novate Milanese.[58] Ancora, da un documento del 1632 risulta come Angela Maria Leopoldina Medicis de Novate domandò l'ispezione degli atti relativi alla confisca del feudo di Novate Brianza, avvalorando con ciò la tesi per cui i Medicis de Novate provenissero in realtà da Novate Brianza e non da Novate Milanese.[58]

...

 
Pianta cinquecentesca dell'antica chiesa di San Dionigi Vescovo a Novate Milanese[59]

Alla fine del secolo risale dal Liber Notitiae Sanctorum Mediolani la notizia certa dell'esistenza a Novate Milanese di una chiesa dedicata a San Dionigi, la cui edificazione è stimata attorno alla metà del Duecento, in aggiunta alla conferma dell'esistenza della chiesa dedicata ai santi Gervaso e Protaso,[30] quest'ultima già accertata nel XI secolo.[32][33] Successivi documenti del XVI secolo, attestano che la chiesa dedicata a San Dionigi sorgeva proprio a poca distanza dalla chiesa dei Santi Gervaso e Protaso, sulla destra di questa, inframezzata dall'antico cimitero novatese e da un fossato.[60]

Esplicative

  1. ^ Con la precisazione che le prime tracce certe del comune risalgono solo all'anno 877[1]
  2. ^ È certo il passaggio della strada romana da Quarto Oggiaro, dov'era posto il quarto miglio, poi dall'Oratorio di San Giorgio di Roserio, dall'area a nord di Baranzate, fino ad Ospiate, rendendo del tutto incompatibile tale percorso con l'attraversamento di Novate.[2]
  3. ^ Per esattezza, il toponimo è stato rinvenuto in un documento datato 17 ottobre 852, tuttavia in tale circostanza era riferito alla omonima località di Novate Mezzola[1]
  4. ^ Deve ricordarsi che la Milano romana e altomedioevale aveva una estensione territoriale parecchio ridotta, con la conseguenza che la distanza che tra l'abitato milanese e i borghi circostanti appariva notevole,[11] tanto da spingere alcuni milanesi più abbienti ad acquistare terre e abitazioni in questi luoghi, da utilizzare per la villeggiatura, come accaduto al citato giudice Averolfo
  5. ^ a b Si omettono le generalità dei testimoni
  6. ^ A Novate Milanese il nome dei santi patroni è predominante nella variante storica Gervaso e Protaso.[24][25][26][27][28] Minoritariamente, è impiegata la denominazione più recente Gervasio e Protasio,[29][30] nella quale l'aggiunta della "i" rappresenta una conseguenza del passaggio dalla lingua latina alla lingua italiana.[31]

Bibliografiche e sitografiche

  1. ^ a b c d e Caratti, p. 12.
  2. ^ a b Ambrogio Palestra, Strada Milano-Varese (PDF), in Strade romane nella Lombardia ambrosiana, Milano, Nuove Edizioni Duomo, 1984, pp. 25-26, ISBN 88-7023-074-0. URL consultato il 20 ottobre 2024.
  3. ^ Caratti, pp. 7-8.
  4. ^ Caratti, p. 9
  5. ^ Gualberto Vigotti, La Diocesi di Milano alla fine del secolo XIII: chiese cittadine e pievi forensi nel Liber Sanctorum di Goffredo da Bussero, Roma, 1974, pp. 135-138.
  6. ^ Marco Magistretti, Notitia Cleri Mediolanensis da anno 1398 circa ispsius immunitatem - Dott. Marco Magistretti, su emeroteca.braidense.it, 1900, pp. 283-284. URL consultato il 20 ottobre 2024.
  7. ^ Caratti, pp. 8-9.
  8. ^ Novate nel contado della Martesana, su Comune di Novate Milanese. URL consultato il 20 ottobre 2024.
  9. ^ Caratti, p. 13.
  10. ^ a b c Porro Lambertenghi, colonne 451-452.
  11. ^   Touring Club Italiano, Sviluppo urbano - Milano (JPG), in Atlante Tematico realizzato dall'Ufficio Cartografico del TCI con il CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche (1989-1992), 1992, p. 54. URL consultato il 19 ottobre 2024.
  12. ^ a b Caratti, p. 14.
  13. ^ Porro Lambertenghi, colonne 771-773.
  14. ^ a b Caratti, p. 15.
  15. ^ a b c d e f Caratti, p. 18.
  16. ^ a b c Caratti, p. 17.
  17. ^ Caratti, p. 16.
  18. ^ a b Caratti, p. 20.
  19. ^ a b Caratti, p. 19.
  20. ^ Porro Lambertenghi, colonne 1169-1170.
  21. ^ a b Caratti, p. 25.
  22. ^ a b Caratti, p. 26.
  23. ^ Caratti, p. 28.
  24. ^ Lorenzo Caratti, Guida storica della chiesa dei SS. Gervaso e Protaso di Novate Milanese, Novate Milanese, 2001.
  25. ^ Parrocchia Santi Gervaso e Protaso Novate Milanese, su santigervasoeprotasonovate.it. URL consultato il 13 febbraio 2024.
  26. ^ Chiese, su chiesadinovate.it. URL consultato il 13 febbraio 2024.
  27. ^ Chiesa dei Santi Gervaso e Protaso in Novate Milanese.
  28. ^ Perego, p. 452.
  29. ^ Caratti, pp. V-VI.
  30. ^ a b Caratti, p. 64.
  31. ^ Santi Gervaso e Protaso, p.3.
  32. ^ a b c Caratti, p. 27.
  33. ^ a b c Lancini, p. 15.
  34. ^ a b Caratti, p. 29.
  35. ^ a b Caratti, p. 30.
  36. ^ a b c Caratti, p. 31.
  37. ^ Caratti, p. 32.
  38. ^ a b c d e Caratti, p. 34.
  39. ^ Caratti, p. 35.
  40. ^ a b Caratti, p. 36.
  41. ^ a b Caratti, p. 37.
  42. ^ a b c Caratti, p. 38.
  43. ^ Caratti, p. 39.
  44. ^ Caratti, p. 40.
  45. ^ a b c d Caratti, p. 41.
  46. ^ Di Crollalanza, p. 189.
  47. ^ Caratti, p. 42.
  48. ^ Caratti, pp. 44-46.
  49. ^ a b Caratti, p. 50.
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Bibliografia

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