Utente:Aurorabertollo/Esame Woman's film
Il termine Woman's film (o Woman's Picture, Woman's cinema) è usato per indicare una categoria di film[1], un sottogenere e talvolta un vero e proprio genere cinematografico[2][3], caratterizzato da intrecci, temi e questioni considerate appartenenti alla sfera femminile e di conseguenza diretto ad un pubblico femminile. Viene usato spesso in riferimento ad un certo filone di film degli anni Quaranta del cinema classico americano, nonostante si rilevino particolari temi già trattati in precedenza e si parli di Woman's Film anche per produzioni più recenti.
Il Woman's film esplora l'universo femminile, le questioni e i problemi tradizionalmente relegati alla femminilità, come la maternità, il matrimonio e il divorzio, la sessualità e i dettami morali, ma anche la conciliazione della questione familiare con la carriera lavorativa, i sacrifici e le aspirazioni. Al centro della narrazione c'è sempre una protagonista donna, dai tratti più o meno emancipatori e a seconda del periodo storico di produzione del film e della storia narrata, presenza che facilita l'identificazione di un pubblico femminile, e che per questo motivo si distingue da gran parte del cinema classico il quale, secondo la critica femminista e in particolare il celebre saggio di Laura Mulvey, è indirizzato allo sguardo voyeristico maschile[4].
Evoluzione del termine
modificaAlcuni studiosi affermano che il termine Woman's Film comparisse già negli anni '10[5][6] per riferirsi a film che si pensava potessero piacere principalmente alle donne, nonostante il significato risultasse confusionario e poco strutturato rispetto all'uso che se ne sarebbe fatto in seguito. Il termine era spesso utilizzato in modo denigratorio, per riferirsi a film ''strappalacrime'', ''piagnucoloni''[3], e dunque adatti alle donne, come si legge nella recensione del 1924 di Christine of the Hungry Heart sulla rivista Film Daily[7][5]. Questo succedeva soprattutto se le registe stesse erano donne, le quali venivano automaticamente relegate a questa categoria di film, ad esempio nel 1920 il film Remodeling Her Husband di Lilian Gish venne descritto come
«A woman’s picture. A woman wrote it, a woman stars in it, a woman was its director. And women will enjoy it most.»
«Un film per donne. Una donna l'ha scritto, una donna ne è la protagonista, una donna ne è la regista. E le donne lo apprezzeranno di più.»
Negli anni '30 e soprattutto negli anni '40 il termine risulta utilizzato principalmente dall'industria stessa e dalla critica che in quegli anni si andava delineando e strutturandosi sempre più per pubblicizzare i film, in particolare melodrammi, indirizzandosi ad un pubblico femminile, in accordo con le ricerche sull'audience e le necessità commerciali. Con lo scoppio della guerra e la partenza di un gran numero di uomini verso i fronti europei, infatti, nacque la convinzione che la maggior parte del pubblico fosse composto maggiormente da donne[8]. A partire dagli anni Settanta, grazie alla cosiddetta Seconda ondata femminista il Woman's Film, diventa oggetto di particolare interesse accademico da parte delle studiose della Feminist Film Theory, interessate ad esplorare la rappresentazione della donna nel cinema e in particolare il focus sullo sguardo femminile, riuscendo talvolta grazie a questi film, a contestare il celebre saggio di Laura Mulvey Visual Pleasure and Narrative Cinema. Tra gli anni '70 e '80, all'inizio di questi studi accademici, il termine era utilizzato come un aggettivo, spesso posto fra virgolette, atto a specificare film di altri generi (come ad esempio il woman's film noir e il woman's melodrama). Con il tempo l'utilizzo della categoria di sistematizzò, passando ad essere da aggettivo a sostantivo e acquisendo lo status di genere vero e proprio.
Storia del genere
modificaPre-Code Hollywood
modificaSebbene non si parli ancora esplicitamente di Woman's Film, alcuni studiosi considerano appartenenti al filone anche delle produzioni del cinema muto degli anni Dieci e Venti[6], che vedevano al centro delle narrazioni una protagonista donna a cui spesso venivano attribuiti caratteri di indipendenza, emancipazione e modernità, ricalcando l'ideale nato alla fine dell'Ottocento della cosiddetta New Woman[9][8], proposto precedentemente nella letteratura. Emergono dunque i cosiddetti serial queen films[10], come What Happened to Mary? (1910), Le avventure di Paolina (1914), I misteri di New York (1914) i quali seguono le avventure di giovani eroine coraggiose ritratte con qualità tradizionalmente maschili che si muovono in spazi pubblici fino ad allora riservati all'uomo[8]. Negli anni '20 diventa popolare la figura della flapper[11], una particolare declinazione della New Woman, associata dal sistema divistico hollywoodiano ad attrici come Clara Bow, Joan Crawford, Gloria Swanson[12], che iniziano a mostrare un tipo di femminilità differente rispetto quello vittoriano. Contemporaneamente il mercato inizia a rendersi conto del ruolo primario esercitato dalle donne, non solo come spettatrici nelle sale cinematografiche, ma in generale all'interno dell'industria dei consumi. Molto spesso i film sono tratti da romanzi e testi teatrali scritti da autrici donne, come nel caso di Agonia sui ghiacci (1920), Christine of the Hungry Heart (1924), Stella Dallas (1925), quest'ultimo considerato un Woman's film a tutti gli effetti[5]. Con il sonoro le trame si complicano, vengono approfonditi i temi del desiderio femminile, del rapporto tra i generi, del contrasto tra lo spazio privato e pubblico, dei conflitti familiari ed emotivi, della maternità, della sessualità e dell'adulterio, in particolare dopo la Grande Depressione che aveva seminato una generale perdita di fiducia e il proliferare di personaggi ambigui e moralmente non corretti. Uno dei maggiori esempi di questi anni è Venere bionda (1932), con la figura della fallen woman. Gli studiosi sono d'accordo nel parlare, a partire dai primi anni '30, di Woman's film a tutti gli effetti, poichè l'etichetta divenne un utilizzo comune già dalla stampa e dall'industria del tempo, facendo riferimento a film appositamente costruiti per essere indirizzati ad un pubblico femminile[13].
Production Code e womanhood
modificaA metà degli anni '30, le autorità si accorgono che il cinema trattava temi considerati troppo licenziosi, che non si accordavano con la politica del New Deal. Sebbene non fossero mancati episodi di censura, a partire dal 1934 si impose con tutte le sue forze il cosiddetto codice Hays[14][15], che tra le varie conseguenze limitò in qualche modo la libertà sulla rappresentazione della donna: prostitute, adultere, rapporti prematrimoniali, figli fuori dal matrimonio, divorzi faticavano ad essere mostrati sul grande schermo. Si prediligevano quindi narrazioni che riproponevano i ruoli tradizionali e domestici della womanhood, ovvero il ruolo della madre e i valori familiari. Le protagoniste sessualmente emancipate o non conformi alle norme sociali, potevano essere rappresentate solo se poi venivano punite[15], ad esempio rendendole costrette a rinunciare a qualcosa, come in Amore sublime (1937) e Il grande amore (1938) in cui le protagoniste non possono svolgere il loro ruolo di madre per figli avuti al di fuori del matrimonio; o con la malattia e persino la morte, come in Margherita Gauthier (1936) e in Tramonto (1939).
Gli anni '40
modificaGià dal decennio precedente, ma in particolare a partire dagli anni '40, si verificò un crescente interesse da parte del cinema nei confronti della psicanalisi e in particolare delle teorie freudiane, importante e tradotte negli Stati Uniti nel corso degli anni '30[14]. Si rimette al centro l'individuo, e in particolare il suo inconscio, temi presenti anche nel genere noir che però nel Woman's film vengono declinati al femminile: ci si concentra su problemi psicologici quali la paranoia femminile, come in Rebecca - La prima moglie; i rapporti disfunzionali ed edipici, come in Perdutamente tua.
La Seconda Guerra mondiale
modificaNegli anni della Seconda Guerra mondiale e in quelli immediatamente successivi, le case di produzioni si convinsero che il pubblico fosse maggiormente composto da donne poichè, sebbene il conflitto non avesse mai toccato direttamente il territorio americano, molti uomini dovettero partire per il fronte[16]. Gli studiosi sono d'accordo nell'affermare che è proprio in questi anni che si sviluppa il Woman's Film a tutti gli effetti, poichè lo sguardo femminile diviene centrale anche a causa della ridefinizione dei ruoli sociali e lavorativi: molte donne infatti poterono entrare nel mondo del lavoro prendendo i posti lasciati liberi dagli uomini o venendo impiegate nell'industria bellica[8][16]. Le donne inoltre erano grandi fruitrici di magazine e riviste con le quali, attraverso la propaganda e la pubblicità, veniva veicolata l'immagine di vita ideale post-bellica, per cui bisognava sacrificarsi in questi anni[16], come in La signora Miniver.
Periodo post-bellico
A guerra conclusa, venne richiesto alle donne di tornare a svolgere il ruolo tradizionale di madri e mogli aderendo così al culto della domesticità e all'ideale della donna come angelo del focolare, confinata nello spazio domestico. Tuttavia, questa rigida divisione dei ruoli sociali non era una condizione alla quale tutte volevano far ritorno, soprattutto dopo aver potuto sperimentare indipendenza ed autonomia durante il periodo bellico. Per questo motivo, nei Woman's film prodotti tra gli anni '40 e '50, si pone al centro desiderio represso femminile, in una lotta continua tra le aspirazioni personali e i dettami sociali, tra la carriera e la famiglia, come ne Il romanzo di Mildred.
Esempi di Film
modifica- Rebecca la prima moglie
- Il romanzo di Mildred
- Perdutamente tua
Note
modifica- ^ Pam Cook, Melodrama and the Women’s Picture, in Sue Aspinall (a cura di), BFI Dossier 18 - Gainsborough Melodrama, n. 18, London, British Film Institute, 1983, p. 17.
- ^ Jeanine Basinger, A Woman's View: How Hollywood Spoke to Women, 1930-1960, Hanover, Wesleyan University Press, 1993, ISBN 9780819562913.
- ^ a b Rick Altman, Film/Genere, a cura di Francesco Casetti e Ruggero Eugeni, traduzione di Antonella Santambrogio, Vita e Pensiero, 2004, ISBN 88-343-1047-0.
- ^ Laura Mulvey, Visual Pleasure and Narrative Cinema, in Screen, vol. 16, n. 3, 1º Ottobre 1975, DOI:https://doi.org/10.1093/screen/16.3.6 . URL consultato il 29 dicembre 2024 (archiviato dall'url originale il 29 dicembre 2024).
- ^ a b c Stephen Neale, Genre and Hollywood, London, Routledge, 2000, pp. 180-188, ISBN 0-415-02605-9.
- ^ a b Barry Langford, Film Genre: Hollywood and Beyond, Edimburgo, Edinburgh University Press Ltd, 2005, pp. 30, ISBN 0-7486-1903-8.
- ^ Review: Christine of the Hungry Heart, in Film Daily, 26 october 1924, p. 6. URL consultato il 15 dicembre 2024 (archiviato dall'originale ) .
- ^ a b c d Veronica Pravadelli, La grande Hollywood. Stili di vita e di regia nel cinema classico americano, 2ª ed., Venezia, Marsilio, 2010 [2007], ISBN 978-88-317-9220-2.
- ^ Greg Buzwell, Daughters of decadence: the New Woman in the Victorian fin de siècle, su www.britishlibrary.cn (archiviato dall'url originale il 17 dicembre 2024).
- ^ Monica Dall'Asta, SERIALE, FILM - Enciclopedia del Cinema (2004), su www.treccani.it. URL consultato il 17 dicembre 2024 (archiviato dall'url originale il 17 dicembre 2024).
- ^ Veronica Pravadelli, Le donne del cinema: dive, registe, spettatrici, Roma, GLF editori Laterza, 2014, ISBN 9788858111093.
- ^ Federico Di Chio, American storytelling. Le forme del racconto nel cinema e nelle serie TV, a cura di Giorgio Avezzù, Roma, Carrocci Editore, 2016, ISBN 9788843079339.
- ^ Stephen Sharot, THE WOMAN'S PICTURE IN THE TRADE PRESS OF CLASSICAL HOLLYWOOD, in Film History, vol. 33, n. 2, Sidney, 2021, pp. 91-117, DOI:DOI: 10.2979/filmhistory.33.2.04 (archiviato dall'url originale il 18 dicembre 2024).
- ^ a b Andrea Giaime Alonge e Giulia Carluccio, Il cinema americano classico, 4ª ed., Roma, Laterza, 2014.
- ^ a b Roberto Campari, Storie di peccato: morale sessuale nel cinema americano e italiano 1930-1968, Milano, La nave di Teseo, 2019, ISBN 9788893449359.
- ^ a b c Mary Ann Doane, The desire to desire: the woman's film of the 1940s, Bloomington, Indiana University Press, 1987, ISBN 9780253316820.