Utente:Scriptor Artis/sandbox

Considerato uno dei più bei palazzi di Ostuni (BR) e della Puglia, l'iconico Palazzo Aurisicchio è una residenza privata costruita nel corso del 1800 dalla omonima famiglia come residenza ufficiale di città ed è un bene storico di interesse culturale tutelato dal Ministero della Cultura e dalla Soprintendenza all'archeologia, belle arti e paesaggio ed è parte dell'Associazione Italiana Dimore Storiche (ADSI) e della European Historic Houses Association (EHHA). Palazzo Aurisicchio sorge in una delle zone più nobili ed eleganti della città, interessata a un vero e proprio riordino urbanistico a partire dall’Unità d’Italia. L’area, nota fin dal XVI secolo come Foggia di Puzzo Vivo, era caratterizzata da un grande invaso nel quale confluivano le acque meteoriche provenienti dalle alture circostanti: il Parco o Barco (ora corso Garibaldi), le serre di San Giuliano e di Santa Elisabetta (ora via Giuseppe Cisaria), la Monta (ora via Dante Alighieri), la Melogna (ora viale Pola) e la collina con il convento dei Cappuccini. Di proprietà comunale, la Foggia era provvista di tre cisterne alle quali la popolazione residente nelle vicinanze attingeva l’acqua. In seguito all’abolizione dei diritti feudali decretati dal regime napoleonico, si destinarono numerose aree di pertinenza ecclesiastica o demaniale a usi di pubblica utilità. Fu così che molti terreni che si estendevano intorno alla Foggia nella prima metà dell’800 furono interessati ad una parcellizzazione fondiaria che consentiva o la cessione a censo o la vendita. Si trattava di provvedimenti indirizzati ad agevolare la società operaia che poteva accedere senza spese eccessive alla costruzione di case comode e dignitose sviluppate su superfici di ottanta o di cento metri quadrati. Negli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia, il processo di espansione urbana, che aveva interessato inizialmente porzioni di terreno strettamente adiacenti alle alture abitate già ricordate, divenne più intenso e massiccio e riguardò i suoli edificatori che prospettavano lungo il perimetro della Foggia. La maggiore estensione dei fondi e le più ampie disponibilità economiche degli acquirenti furono le premesse indispensabili per la nascita di un quartiere caratterizzato da esigenze di rappresentanza e di visibilità assicurate dall’ampiezza degli spazi aperti intorno alla Foggia. Parallelamente aveva inizio un acceso dibattito per la trasformazione del bacino idrico che, infestato da insetti e da esalazioni maleodoranti prodotti dalle acque stagnanti, fu risanato e bonificato dalla fine del secolo. La costruzione del Palazzo Aurisicchio s’inserisce, pertanto, in un clima di intenso fervore edilizio che caratterizza la città postunitaria. È essenzialmente la classe borghese la protagonista di questa feconda stagione la quale, forte dei capitali accumulati con attività altamente redditizie (produzione olearia, vitivinicola e patrimonio zootecnico), investe ingenti cifre per l’edificazione di maestose residenze che esaltino e manifestino pubblicamente lo status sociale acquisito. Non è un caso che molte di queste famiglie si procurino, proprio nel corso dell’Ottocento, titoli nobiliari, fregiandosi di simboli araldici da esibire sui caseggiati. La famiglia Aurisicchio, originaria di Maiori (Salerno), si stabilisce in Ostuni agli inizi del 1600, al seguito del viceré Zevallo (o Zevallos) che prende possesso di alcuni territori della Puglia per conto del re di Napoli. Il capostipite della famiglia, Claudio Aurisicchio (?–1642), svolge l’attività di agrimensore, incarico all’epoca prestigioso e remunerativo, per conto dello Zevallo. La famiglia consolida la propria posizione economica nel corso del XVIII secolo quando Giovanni riveste la carica di perito zootecnico per conto dell’Università di Ostuni. Il figlio di Giovanni, Domenico (1792-1870), fu membro del collegio elettorale dei commercianti di Brindisi, aderì alla Carboneria e ottenne la carica di cassiere comunale. Il primogenito di Domenico, Giovanni (1820-?) ricoprì per più anni il ruolo di decurione (consigliere comunale) per l’Università di Ostuni. Palazzo Aurisicchio fu costruito da Raffaele Aurisicchio (?-31.10.1896), secondogenito di Giovanni e di Mariangela Sansone. Non si conosce esattamente l’anno in cui ebbero inizio i lavori, anche se è possibile indicare, con una buona dose di approssimazione, il periodo nel quale fu edificato il casamento, sulla base della documentazione reperita, da cui è tratta questa pagina. La data di acquisto del suolo edificatorio da parte della moglie di Raffaele, la ricca possidente Carmela Tanzarella, fu la prima tappa di un iter costruttivo che nella tradizione tramandatasi nei discendenti della famiglia fu lungo e difficoltoso. Nel giugno 1880 Carmela, moglie di Raffaele, acquistò un terreno di proprietà di Luca Pugliese per la somma di mille e trecento lire. Così è descritto nello strumento notarile superficie di suolo edificabile…sito nelle vicinanze di questo abitato, contrada La Monta, della lunghezza…di suolo edificabile sullo stradone che mena alla via del Calvario o Ceglie di metri lineari diciannove e centimetri ottantaquattro…e di fondo nel giardino di metri lineari ventisei e centimetri quarantasei…che riuniti in uno formano metri quadrati cinquecento venticinque…. Durante la sottoscrizione dell’atto l’acquirente si impegnò al rispetto di alcuni patti tra i quali il seguente: per l’impiantazione ed assegno dei punti dell’edificio che andrà a costruire nella superficie di suolo acquistata, si obbliga dipendere dal perito agrimensore Don Giuseppe Trinchera fu Giacomo Oronzo, il quale sarà il Direttore della ripartizione a profilo. Il terreno sul quale bisognava erigere la casa, posto nelle immediate vicinanze del grande bacino idrico della Foggia, doveva risultare argilloso e poco stabile. Si tramanda che furono realizzate più volte le fondamenta dell’edificio perché a ogni tentativo di innalzare le strutture portanti queste crollavano. I lavori furono, pertanto, lunghi e dispendiosi e si prolungarono quasi certamente per quattro anni dall’acquisto del suolo edificatorio. L’immobile fu dichiarato, infatti, nel Registro dei Fabbricati il 18 luglio del 1884. Sempre sul filo di ricordi familiari, i tre palazzi gentilizi che prospettano su Corso Umberto I, ora corso Martiri di Kindù, rispettivamente Palazzo Aurisicchio, Palazzo Camillo Tanzarella, Palazzo Melpignano, avrebbero avuto una genesi unitaria e sarebbero stati progettati da un architetto romano che volle riproporre, all’interno di uno schema compositivo genericamente neoclassico, il prospetto “di una chiesa, di un teatro e di un tempio”. Non sappiamo quanta verità sia sedimentata in queste memorie, certo è che gli altri due palazzi (Tanzarella e Melpignano) presentano un’omogeneità ravvisabile tanto nello sviluppo delle impaginazioni architettoniche quanto nelle dimensioni. Da ricerche effettuate presso l’Archivio Comunale, è lecito supporre che la mancanza di un regolamento circa la definizione dei caseggiati signorili (altezze, prospetti, tetti) abbia lasciato una certa libertà ai progettisti che comunque hanno operato nel solco di una consolidata adesione allo stile neoclassico, senza proporre disegni innovativi o fortemente caratterizzati. I due assi viari principali che corrono lungo La Foggia, divenuta successivamente Villa Comunale e inaugurata nel 1930 mostrano, infatti, una notevole omogeneità stilistica. Il Palazzo Aurisicchio occupa per tre lati un isolato che si estende da via Martiri di Kindù, già corso Umberto I, a via Dante Alighieri già via La Monta. La facciata squadrata e imponente è divisa in due ordini con paramento murario a bugnato liscio. Nell’ordine inferiore lesene binate di ordine tuscanico definiscono i limiti del prospetto che sviluppa, in corrispondenza del portale, un armonico movimento di superfici nelle mezze colonne binate, sempre d’ordine tuscanico. Analoga animazione si riscontra nella sovrastante trabeazione che al fregio liscio delle ali, alterna una ricca decorazione ad altorilievo nel piano avanzato che aggetta sul portale. Nell’ordine superiore la scansione plastica degli elementi di sostegno è affidata a lesene binate, d’ordine corinzio, poste al limite della facciata, mentre mezze colonne binate, sempre d’ordine corinzio, in continuità con l’avanzamento del corpo sottostante, fiancheggiano la maestosa finestra centrale, sormontata da una ricca decorazione ad altorilievo. Elemento di sicuro impatto visivo è il timpano che, impennandosi centralmente da un’accademica trabeazione, giunge a sconfinare nel breve attico sovrastante. Anche qui, lesene binate d’ordine dorico chiudono ai lati l’attico, mentre altre lesene binate d’ordine dorico, in continuità con l’avanzamento del corpo sottostante, fiancheggiano il timpano e chiudono il ritmo degli ordini della facciata. Gli elementi architettonici esibiti nella facciata appartengono a un linguaggio che varia, rielabora e contamina formule tipiche dello stile neoclassico in una creazione dai ritmi modulati e ordinati. E se il risalto della parte centrale dell’edificio si connota di vaghe reminiscenze manieriste – si potrebbe addirittura parlare di stile neopalladiano – il ricorso a una decorazione equilibrata nel fregio sopra il portale e delle finestre superiori, sembra voler ristabilire i giusti rapporti con la classicità. In questi spazi gli scalpellini ostunesi, eredi di una tradizione scultorea che affonda le proprie radici nel passato quattrocentesco, hanno modo di esibire competenze e capacità nei grifi in posizione araldica, nei girali vegetali che si snodano da eleganti vasi fioriti e nello stemma parlante dove due leoni rampanti sollevano un secchio da un pozzo (Aurisicchio come secchio aureo). Si accede all’interno da un vasto androne sul quale si aprono locali di servizio, per le stalle e per i depositi, e dove è collocata la bocca della cisterna per le necessità del palazzo. Una maestosa e larga scalinata a tripla rampa, ornata all’inizio da una testa di angelo con ali scolpita nella volta e con ringhiera di ghisa e ferro battuto, conduce al piano nobile articolato in tre vasti e alti saloni consecutivi (altezza delle volte fino a otto metri) e in ambienti secondari posti ai lati. Originariamente progettato come un unico, grande appartamento con tre ingressi, il primo piano conta oltre dieci sale, ognuna con dei servizi e delle nicchie create nell’ampio spessore delle mura (ottanta centimetri). Le volte sono tutte a padiglione, di altezza considerevole, variando appunto dai quattro metri e trenta della stanza più bassa, agli otto metri di altezza dell’ampio salone di rappresentanza, il quale vanta una superficie di circa cinquantaquattro metri quadrati. I tre ampi saloni consecutivi creavano originariamente una fuga prospettica, per cui dai giardini della Villa Comunale era possibile vedere il giardino privato retrostante attraverso le aperture a doppio battente che mettevano in comunicazione questi vasti ambienti. In seguito l’ampio appartamento è stato diviso longitudinalmente in due appartamenti minori e questa fuga si è persa. Il palazzo era stato progettato in modo che ogni stanza avesse almeno una porta-finestra (e molte stanze presentano in aggiunta anche una finestra), eccetto il salone centrale che è invece illuminato a lume gradiente. In alcune sale che si affacciano sul prospetto sono stati recuperati dei fregi in stucco che una volta ornavano le volte, come pure si è cercato di riprendere alcune decorazioni pittoriche che ingentilivano le pareti. Come sfondo del palazzo, un ampio giardino sopraelevato e chiuso da mura era il luogo di ristoro della famiglia, giardino che appunto chiude la facciata posteriore e si pone allo stesso livello del primo piano, permettendo quindi di passare dagli ambienti domestici della casa a quelli esterni del giardino in continuità, senza bisogno di scendere scale. I locali per il giardiniere erano invece ubicati nella stradina laterale. Il giardino è in effetti un elemento tipico del palazzo ostunese, destinato tanto alla ricreazione e al soggiorno dei residenti nella bella stagione, quanto alla messa a dimora nella parte più vicina alla casa di ortaggi, e nella parte retrostante di alberi da frutto e di viti pregiate. Il giardino di Palazzo Aurisicchio, suddiviso in quartieri, con mura a calce di contenimento della terra e della vegetazione, ospita ancora l’antico agrumeto, sebbene abbia bisogno di interventi di recupero. Nel secondo piano, basso e limitato a un solo ambiente, trovavano posto i servizi, un rudimentale bagno e la cucina con focolare, e fungeva tanto da magazzino che da dimora per la servitù. L’imponenza del caseggiato, la valenza dei suoi elementi architettonici, la sua collocazione in un’area di grande interesse storico e urbanistico concorrono a qualificarlo come uno dei più significativi esempi dell’edilizia gentilizia ottocentesca, che sarebbe auspicabile approfondire più accuratamente.

FONTI ARCHIVISTICHE ARCHIVIO DI STATO DI BRINDISI, Catasto dei fabbricati Registro delle Partire, part. N. 8881 ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI LECCE, Fondo Notarile di Ostuni, Notaio Pasquale Specchia, 1880, cc. 113-117.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE A. CASTIGLIONI, La Villa Comunale di Ostuni, in Verde-Umanesimo della Pietra, Martina Franca 1987, pp.19-21. La scuola San Carlo Borromeo e il suo antico sito, un percorso didattico attraverso le fonti storico-documentarie, Oria, 1998, pp.17-18. L. PEPE, Storia della città di Ostuni, a cura di A. Minna, M.A. Moro, A.M.Tanzarella, Manduria 2001, p. 464 e p. 475. Omaggio a Ostuni e a suoi cittadini che hanno eccelso nel lavoro 1990, Calendario Storico della Cassa Rurale ed Artigiana. Mese di dicembre. A. COLONNA-M.DI TURSI, Architetture dell’eclettismo in Puglia nel XIX secolo, Bari 2000. M. IMPERIO, Profili biografici degli amministratori provinciali e distrettuali di Terra d’Otranto (1808-1860), Lecce 2007, p. 54