Malattia di Banti
La malattia di Banti (anche chiamata sindrome di Banti) è un termine che è stato utilizzato in passato per definire una sindrome caratterizzata da splenomegalia, ossia un aumento di volume della milza, ipersplenismo e ipertensione portale, conseguenti a una stasi venosa cronica da occlusione subclinica della vena porta.
Storia
modificaÈ stata descritta per la prima volta nel 1894 da Guido Banti (1852-1925)[1]. Gli studi sulla patologia furono continuati con successo da Ferdinando Micheli, che dimostrò che le due forme descritte da G. Banti, l'anemia splenica degli adulti e la splenomegalia primitiva con cirrosi epatica, non sono che due forme dello stesso morbo: la prima infatti è una fase della seconda. Micheli stabilì con le sue ricerche che alcune forme di splenomegalie, come quelle luetiche e quelle tromboflebitiche, non fanno parte della malattie di Banti vera e propria.[2]
Clinica
modificaSi manifesta con:
- anemia e leucopenia concomitanti.
- disturbi digestivi;
- ipertensione portale;
- grave e catastrofica cirrosi epatica, anche a distanza di anni.
Diagnosi
modificaPer diagnosticare tale sindrome bisogna verificare la presenza di una patologia epatica o di un fatto trombotico a carico della vena splenica.
Terapia
modificaLa terapia comporta un intervento chirurgico di splenectomia, ovvero l'asportazione della milza[1].
Note
modifica- ^ a b (EN) Hunt AH, The surgical treatment of Banti's syndrome., in Br Med J, vol. 2, n. 4774, 1952, pp. 4-9.
- ^ Stefano Arieti, Micheli, Ferdinando in: Dizionario Biografico Italiano, Vol. 74 (2010), Ed. Treccani
Bibliografia
modifica- Paolo Larizza, Trattato di medicina interna, Padova, Piccin, 2005. [1]
- Robbins & Cotran, La basi patologiche delle malattie, Milano, Elsevier Italia, 2006.
Altri progetti
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